Il risultato è di intense vibrazioni poetiche in quanto tutto il discorso procede attraverso il periodare di emozioni liriche, in una prospettiva di elaborazione culturale sempre calibrata. La natura, protagonista della pittura di RoccotelIi, non è componente strumentale ma connotato originario passato al filtro ed al vaglio della sensibilità pittorica di Roccotelli, che essenzializza la resa cromatica con gli aspetti semplici ma funzionali dei contenuti ideologici. E le variazioni su questo tema hanno infinite possibilità di estrinsecazione nel senso che il taglio del dipinto, la sua armonia compositiva, si giovano a volta a volta dei segni, avvertiti o meno avvertiti, dei riquadri che compongono per scindere e scindere per ritrovare una dimensione compositiva estrema. Ci può essere il rischio, può sorgere il limite della interpretazione intellettuale a freddo, ma è un pericolo al quale Roccotelli si sottrae mantendendo intatte e vive le sue possibilità creative, la sua capacità di invenzione e non per gioco. L’atmosfera rarefatta al limite del surreale e del metafisico che alcuni dipinti offrono non è tutta intera la pittura di Roccotelli, che con inquietudine vigile affronta tematiche e tecniche di impaginazione sempre nuove. Ed il risultato premia in termini artistici l’ispirazione del pittore, severo, sobrio, le cui radici affondano nelle lontananze preistoriche delle pietre della sua Murgia, ossa della terra.
C’è nei suoi quadri un’allontanarsi dal tempo, ciò che fino a trent’anni fa, chiamavamo un superamento del naturalismo per la metafisica, nella creazione di spazi che sono qualcosa di più di ciò che vede la gente comune. Voglio dire che quando Roccotelli vede un vicolo in un paese del Gargano, con una nassa da pesca esposta fuori dai muri bianchi delle case, non ci rappresenta semplicemente il pittoresco, che è del resto già così interessante nel sud purché sia ben dipinto, ma ci dà in quell’azzurro del fondo dove sentiamo il mare d’estate, in quella trama d’oggetti di pesca dove c’è il cuore del marinaio, in quella calcinazione lattea dei muri, un’idea assoluta del luogo, qualcosa che è tipico di questi paesi e che trova storia nell’immagine pittorica. Roccotelli si colloca dunque nell’ambito di quei pittori di paesaggio del Mezzogiorno che sono una delle realtà acquisite in questi ultimi trent’anni. In lui si incontrano dialetticamente due spinte, quella che tende a una esaltazione di colore emotivo, che in genere si imprime attraverso i frutti della campagna – granoturco, uva, tralci, fiori – e che ci fa pensare a un Seicento caldo, appassionato, e l’altra tendenza, quella che sintetizza nei vasti profili dei colli e della marina, nel mondo assorto delle vastità meridionali, la fondamentale malinconia di un uomo del Sud.Dirò, quindi, senza andare troppo per paradossi ma per chiarire ancor meglio le mie forse irriverenti affermazioni,
che Michele Roccotelli non ha mai dipinto un paesaggio delle Murge, così, come Morandi non ha mai dipinto una bottiglia o Van Gogh un girasole essendo, tutte queste, forme di una convenzione figurativa che l’artista moderno riconosce con maggior coscienza e supera con non minore determinazione di quanti, in ogni tempo, si riconobbero artisti. Per leggere queste opere occorre quindi prendere le mosse come già ho avuto occasione di scrivere a proposito di Roccotelli, non da un “paesaggio” o da una situazione determinata, ma dalIa coscienza – incosciente dell’uomo – artista che cerca e dà forma e figura a ciò che non esiste, o non esiste ancora. Roccotelli traduce a passo a passo gli stimoli del reale recepiti dalla sua sensibilità, è probabile. Ma che di arte senza compromissioni si tratti, è cosa certa. Voglio dire che per un temperamento «costruito» su ideali estetici e morali storicamente radicati in terra di Puglia per cui nei ricordi di De Nittis e di Galante si innestano testimonianze contemporanee di un Cantatore o di un Guerricchio la pittura potrà essere semmai delirio e non giàline motivo di contrattazione col sentimento. Che è naturale, istintivo. Roccotelli, dunque, ha saputo per istinto e cultura scegliere il modo giusto, attuale, per arrivare a una pittura che possa e sappia avere in se stessa le qualità necessarie per l’inizio e la continuazione di un vero rinnovamento; una pittura in cui si avverte il riverbero ma non il dominio di un passato glorioso, di una natura possente per luci e per ombre; una pittura che pur limitandosi agli oggetti e alle cose minori e naturali sappia far sentire il respiro dell’uomo. È una sorta di incantamento: un uscire dalle nevrosi per infilarsi negli anfratti di una natura incontaminata. Poi lo sguardo si apre a un orizzonte più vasto: eccolo fermarsi, stupefatto, di fronte ad una cattedrale dorata dal sole che s’erge sul fondo. Sono due mondi? Due estremi? No. Quello è ancora un ordine: l’ordine delle cose, la misura aurea del mondo. D’improvviso irrompe la convulsa delle case, l’agitarsi e il frammentarsi mille e retrangoli bianchi che sbilenchi si scompongono davanti ai nostri occhi. Ed è allora che subentra la perplessità, il disagio. I due poli cui corre la pittura di Michele Roccotelli sono questi. Da una parte l’ordine sovrano della natura (la rus) e l’altro il caos delle umane dimore (l’urbs). L’aItro grande tema della sua pittura sono le modulazioni cromatiche delle Murge, le colline che il sole inonda, la brezza leviga la macchia mediterranea, satura di profumi, ora dolci, ora acuti, inebrianti. La realtà continua nel sogno, la visione solare in quella crepuscolare una stagione nell’altra, sempre con un fervore, una vitalità che confermano sia il punto di vista ravvicinato, a contatto, tra vegetazione, terra, aria, mare, sia la peculiare confidenza e la passione che unisce Roccotelli al suo ambiente d’origine, facendo coincidere lo spazio interno (psichico), allo spazio esterno (fisico), le rifrazioni, le interferenze e le trasparenze luminose con stati di pensiero e del sentimenro esistenziale. Quando Roccotelli dipinge un paesaggio quello che prende vita sulla tela non è un angolo, delle sue Murge -pur avendone lo spirito i colori, verrebbe da dire anche i profumi- ma ne è il ricordo. Filtrato dalle emozioni, limato dal sentimento. Trasformato, elaborato, riscritto fino a diventare l’essenza stessa del paesaggio. I ritmi sono quelli dei lavori astratti, ma improvvisamente, come per un repentino schiarirsi della vista, l’armonia dapprima indecifrabile comincia a rivelare sprazzi di riconoscibilità. Il vortice arancione bruciato in primo piano si scopre arbusto fiorito, la grande macchia gialla diventa landa affocata dal sole, quelle velature verde scuro chiome di pini marittimi e la schiuma azzurra, in fondo, forse, mare. Una rilettura della realtà che si fa più complessa nelle Città, forse la cifra più riconoscibile e apprezzabile del suo lavoro. Sono quadri grandi, imponenti, avvolgenti nei confronti dello spettatore che resta ipnotizzato dall’andamento caleidoscopico e beatamente vi si immerge, restando intrappolato nell’intrico di geometrie armonicamente sovrapposte. L’espressività di Michele Roccotelli è legata alla sua terra di Puglia, la cui natura si traduce in un messaggio poetico che si espande in una spazialità riconoscibile come un paesaggio ideale. La sua ricerca può anche apparire espressionisticamente informale, mentre in verità la sua sperimentazione consiste nel superamento della figurazione attraverso l’ideazione di geometrie immaginifiche di grande efficacia evocativa. Nelle sue opere lo sguardo abbraccia tocchi di luminosità, suggestioni paesaggistiche, immagini di colore, graffi e modulazioni pittoriche che sono i segni di una fantasticheria lungo il percorso di una rappresentazione non decorativistica, anzi depurata da una razionalità che rifugge le ridondanze narrative. Bella e suggestiva è la trasparenza della materia, pur pastosa, che può anche assumere ingannevoli sembianze acquarellose, perché questo artista conosce l’arte della dissoluzione del colore, della sua riaggregazione, della stesura di ombre e di luci, della fusione e della sovrapposizione delle tonalità. Roccotelli percorre la profondità dello spazio in illusioni prospettiche, dove i tocchi di colore sono aggressivi e materici, espressivamente vigorosi quando creano rugosità e stratificazioni in contrasto con la morbidezza compositiva dei fondi… È un mondo in cui la natura gioca un ruolo fondamentale ed è sempre presente. Una natura fatta di mare, onde, fiori, uccelli che lascia le sue tracce attraverso lo sfarfallio di un colore. Sensuale ma anche magmatica com’è la materia all’origine. C’è una percezione del mondo nei quadri di Roccotelli che è tutta di un uomo del sud: perennemente in bilico tra la dimensione quotidiana stabile e geometrica, e quella astratta dell’altrove, della metafisica, della magia. Superstizione e magia si nutrono della luce del sud. È grazie allo stordimento.